Giuseppe Limone: la poesia come viatico

di Giuseppe Limone

di Vera Panico

L’angelo sulle città è il nuntius sacer della realtà umana che si svela attraverso la poesia di Giuseppe Limone. La sacralità del suo viaggio non è solo l’ascesi religiosa di un’anima, bensì un viatico per chiunque avverta la necessità di avvicinarsi – in momenti diversi ma nel medesimo tempo – sia al mondo dell’anima sia a quello dell’esistenza sensibile. La raccolta, che è stata scritta in onore e non in dedica al figlio, racconta l’esperienza autobiografica di un uomo che ha vissuto – sentendosi parte integrante del mondo in cui vive – l’anabasi, la sosta intermedia e la catabasi, giungendo fino al mare della speranza, mare che ritrova la sua sorgente originaria nella più semplice e unica eredità d’affetti familiare e amicale. È vero, dunque, che la poesia è grande poesia solo se ha respiro filosofico: altrimenti, è una piccola lacrima quotidiana.

A nostro parere, infatti, in tutte le poesie la sofferenza e la solitudine sono travalicate da una ricchezza d’intenti culturali e umani che il poeta di volta in volta suggerisce ai suoi lettori. E Limone, pertanto, sostenendo che l’angelo è la necessità del possibile che rompe l’identità del necessario, rivela e attribuisce un nome ai suoi volti, alle sue storie e a ogni singolo incontro del suo viaggio. In un testo della I parte, quando si incammina tra il sogno e il dolore delle sfide della vita, egli scrive che «vivere è un sogno/che ti elegge re,/ma ti lascia mendico». L’angelo, di conseguenza, non è solo necessario, ma possibile, proprio come il filo d’erba che spacca la roccia. Tuttavia, l’aridità e le resistenze del mondo attuale non possono spiegarsi con un sillogismo, perciò è come se fossero nobilitate dai versi che il poeta dedica, ad esempio, alla città di Berlino, a Chernobyl, alle tante sue città, ad alcuni personaggi della storia economica e sociale, quali Barack Obama o Eluana Englaro. Sono altrettanto efficaci ed espliciti taluni riferimenti alla storia della civiltà occidentale, di cui Lisbona rappresenta un primo approdo epocale e un nuovo volo… in un viaggio fenicio dall’Asia minore verso l’ovest; il poeta, allo stesso modo, per non lasciarsi vincere dalla valenza filosofica delle sue parole, dedica al popolo aquilano una composizione di 333 versi, da considerare al pari di un pallottoliere di ricordi e strazi che un nuovo angelo, cioè un poeta che ha fede nel suo compito, riesce a restituire alla dignità del sangue, all’orgoglio del cuore, non solo in nome dell’onore e dell’identità della città più tormentata, ma sicuramente anche di quella parte della provincia abruzzese, che è stata in ogni senso devastata dal terremoto del 2009.

 

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