di Dino Arbolino
“Guarda che il Professor Limone ti sta cercando…” Negli ultimi giorni numerosi messaggi di tal tenore mi sono giunti al punto che, trafelato, ho provveduto a recuperare il numero di cellulare del Nostro da conoscenti comuni.
Con sussiego, direi quasi col malcelato timore che il mio ritardo potesse avergli procurato fastidio, telefono al Professore con una discreta quota d’ansia.
Ed ecco la meraviglia che si ripete: la sua voce, specchio del suo cristallino spirito, è cheta e mi placa, balsamo per un’anima come la mia traviata dagli affanni quotidiani.
Io non starò qui ad addentrarmi in commenti e considerazioni elegiache se non mielose, né tanto meno mi inerpicherò lungo impervi sentieri di spericolate o ardite analisi tecnico-teoriche che concernono la sua lirica; nel primo caso, non avrei l’anima avvezza a tali affettati arzigogoli; nel secondo, mi sentirei troppo presuntuoso per le mie modeste conoscenze. Mi sia consentito, però, di spendere qualche verace pensiero circa il legame che sento con la Poesia del Professore; una sorta di filo dionisiaco che ci lega: amiamo la stessa Dea, ma non proviamo gelosia alcuna, tutt’altro!
La sua poesia mi rende felice, mi spalanca l’anima ed è come se qualcuno venisse ad aprire le finestre del mio spirito e vi facesse entrare mille raggi di sole! Anche quando la sua lirica tocca tematiche più prossime alla sfera emotiva rispondente alla malinconia, alla tristezza o quando lambisce argomenti di natura storico-letteraria, mai la sua poesia si avviluppa su se stessa, anzi, ne viene fuori a ogni ora con una cadenza sinusoidale e uno slancio che mai appesantisce la lettura. Persino quando essa diviene quasi ermetica, ne viene fuori un filo che accompagna la lettura e la rende piacevole. In Ritroverò un’estate si coglie un meraviglioso caleidoscopio di immagini che fanno riferimento alla natura più ancestrale, la cadenza di ogni battuta si dipana lenta ma non stanca, lasciando al lettore la visione di un orizzonte in cui al contempo può perdersi e ritrovarsi, senza smettere di sognare.
Lo ritroviamo alquanto criptico nella meravigliosa Sogno dal vero, dove le immagini che ci appaiono sono scarne, ancorché efficaci nel rendere la liricità di una serpeggiante inquietudine.
Mi sia consentita come chiosa un ringraziamento al Nostro, con l’auspicio che l’autenticità e la sferzante eleganza della sua lirica ci possa ancora accompagnare a lungo, in un viaggio senza tempo, mano nella mano con la nostra amatissima Dea.