di Valentino Petrucci
Potrei dire tante cose del professor Limone, sforzarmi di illustrare uno dei suoi tanti aspetti della sua attività speculativa allo scopo di comprenderlo, di decifrarlo. In fondo, questo convegno – ogni convegno – ha per definizione sempre questo obiettivo: chiarire, portare alla luce gli elementi costitutivi e permanenti di una personalità. Un po’ come i “grammi d’oro” della memoria letteraria. Non lo farò, non lo farò perché sono convinto che ogni tentativo di sintesi, di riduzione e di semplificazione sia inadeguato e finisca per illustrare la personalità di chi parla, piuttosto che la personalità di colui di cui si dovrebbe parlare. Merleau-Ponty diceva che l’essere umano – ogni essere umano – è talmente complesso che non basta una vita per conoscerlo fino in fondo, per tracciarne le linee di contorno. Avendo rinunciato a questa sfida impari, almeno per me, spiegare Giuseppe Limone a chi non lo conosce, mi si è presentata un’altra scala: quella aneddotica. Con Giuseppe ci conosciamo da trent’anni: quanti episodi, quante vicende, quanta memoria condivisa! Ma non seguirò neanche questa strada. Troppi “mi ricordo” e troppi “c’era una volta”, quindi si rischierebbe di cadere nel patetico. Questo è un Convegno, non un raduno per reduci. Non un consesso di commilitoni attanagliati dalla nostalgia. In conclusione, mi limiterò a presentare e ascoltare, senza però rinunciare al privilegio di chi immeritatamente presiede o meglio siede al centro e dà la parola, scandendo il tempo degli interventi.
Questo privilegio, arbitrario come tutti i privilegi, consiste nel dire una parola, una parola sola sull’opera del professor Limone, ma non quelle essenziali. È indispensabile dire quello che semplicemente più mi piace estrapolare da quest’opera: i suoi aforismi. Giuseppe Limone come scrittore di aforismi. Secondo Heidegger, gli aforismi delimitano l’essenziale. E l’essenziale del professor Limone, ne sono convinto, noi lo troviamo lì, nelle sue raccolte di aforismi. È lì che viene fuori l’impegno civile, l’ironia, la filosofia direi militante e il disincanto di chi ha molto visto e molto letto. Ne cito qualcuno: «Quando viene il tempo delle lettere maiuscole, ci aspettano tempi minuscoli».