di Osvaldo Sacchi
L’Antigone di Giuseppe Limone Tra i topoi che meglio caratterizzano la poliedrica, multiversa e scientificamente “transdisciplinare” personalità di Giuseppe Limone c’è sicuramente Antigone e il suo logos che per noi ricercatori e docenti del Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli significa anzitutto i Quaderni di Antigone, pubblicazione periodica giunta ormai alla ottava annualità (in nove tomi).
Nell’incipit dell’introduzione al numero di apertura che data 2006, Giuseppe Limone proclama la nostra età, questa parte di terzo millennio che ci riguarda, come età dei diritti. Un’età dei diritti che viene definita ancora una volta Era di Antigone. Ma di quale Antigone parliamo? Quella di Sofocle, dell’orgogliosa Atene che vinse i Persiani e vide l’ascesa e la decadenza del tempo di Pericle? Quella della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, potente edificatore dello Stato di diritto? Quella di Jean Anouilh, un’Antigone incapace di opporsi al governo di Vichy e connivente con i tedeschi che marciarono col passo dell’oca sotto l’Arco di Trionfo a Parigi? Quella di Bertold Brecht, vittima impotente e rassegnata della violenza dei signori della seconda guerra mondiale?
No. Ci dice Giuseppe Limone che la nostra Antigone è quella dei diritti da proteggere contro il potere per trovare un fondamento (ideologico e dialettico) che consenta di misurarci con l’idea di un “diritto naturale” scolpito nella res del cosmo, che è anche il cosmo dei diritti inalienabili scolpiti nella res di ogni persona. Qualcosa da intendere quindi in un modo radicalmente nuovo che sappia andare oltre ogni vulgata costituita e oltre ogni connotazione più o meno confessionale. Qualcosa insomma che sia in grado di porsi come antagonista, appunto come un’ “Antigone”, contro ogni sistema pensato troppo presto.